Segnaliamo l’interessante sentenza 1432/2016 del Tribunale di Milano, Sez. IX civ., pubblicata sul sito www.ilcaso.it (sez. giurisprudenza, 14269 – pubb. 25/02/2016), secondo la quale non è inammissibile – ma meramente irregolare – il deposito dell’atto processuale in formato «PDF immagine», in luogo di quello «PDF testuale».

Al riguardo è opportuno ricordare che l’atto del processo in forma di documento informatico, da depositare telematicamente all’ufficio giudiziario, deve rispettare – fra gli altri – anche il seguente requisito: «c) è ottenuto da una trasformazione di un documento testuale, senza restrizioni per le operazioni di selezione e copia di parti; non è pertanto ammessa la scansione di immagini» (art. 12, comma 1, delle specifiche tecniche, cui fa rinvio l’art. 11 del decreto 44/2011 del Ministero della giustizia).

Posto di fronte alla questione se dichiarare l’inammissibilità di una comparsa conclusionale depositata in formato «PDF immagine», il Tribunale di Milano rileva innanzitutto la mancanza – tanto nella normativa primaria che in quella secondaria – di una sanzione processuale in caso di inosservanza della predetta regola tecnica.

Per il Tribunale, da tale mancanza deriva che la violazione costituisce una mera irregolarità.

La sentenza è ancor più interessante laddove affronta l’ulteriore questione della necessità o meno della relativa regolarizzazione.

Il Tribunale osserva che scopo dell’atto processuale è di consentire lo svolgimento del processo e assicurare il diritto di difesa: tale scopo è raggiunto tutte le volte in cui l’atto perviene alla conoscenza del giudice e della controparte.

Rispetto in particolare all’atto depositato telematicamente ancorché in violazione delle norme tecniche, lo scopo può dirsi raggiunto qualora l’atto venga accettato dalla cancelleria e inserito nel fascicolo telematico, sì da essere leggibile dal giudice e dalle parti.

Quanto poi alle regole tecniche, secondo il Tribunale la loro funzione non è tanto (o solo) di garantire la «navigabilità» degli atti, ma di assicurare la gestione informatica del sistema del processo civile telematico.

Ne segue, sì, la necessità di regolarizzare – attraverso un ordine del giudice – l’atto processuale difforme dalle regole tecniche (al fine di assicurare una corretta implementazione del fascicolo telematico), ma soltanto se ciò consenta la prosecuzione del giudizio in maniera compatibile col principio costituzionale di ragionevole durata del processo.

Qualora invece la regolarizzazione determinasse una retrocessione del processo (come accadrebbe nel caso di atti conclusivi), la regolarizzazione non sarebbe indispensabile, perché non soltanto si porrebbe in contrasto col superiore principio di ragionevole durata del processo, ma anche perché, in concreto, non sarebbe riscontrabile alcuna lesione del diritto di difesa (avendo l’atto processuale – comunque conoscibile dal giudice e dalle parti – raggiunto il suo scopo).

La sentenza del Tribunale di Milano va accolta con favore: come già detto commentando l’ordinanza 3386/2016 della Corte di Cassazione, Sez. VI civ., siamo convinti che il sistema del processo telematico debba costituire un utile strumento, e non un ostacolo, per la tutela dei diritti.

Nondimeno, non possiamo che raccomandare il rispetto di tutte le regole (comprese quelle tecniche) che presidiano il processo civile telematico e, fra queste, anche di quella che prescrive il formato dell’atto processuale da depositare telematicamente (art. 12 specifiche tecniche): come ricordato dal Tribunale di Milano, la giurisprudenza sul punto non è univoca, essendovi anche pronunce che ricollegano alla violazione di tale regola la sanzione dell’inammissibilità (Tribunale Roma 13.7.2014; Tribunale Roma 9.6.2014), altre quella della nullità insanabile e altre ancora quella della nullità sanabile (Tribunale Livorno 25.7.2014).

Rispetto al Tribunale di Udine, segnaliamo l’ordinanza 28.7.2014 del Giudice dott. Francesco Venier, che – in ipotesi di ricorso per decreto ingiuntivo depositato in formato «PDF immagine» – ha invitato il ricorrente alla regolarizzazione del deposito.

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