Con ordinanza del 1° giugno 2016 (pubblicata sul sito de “Il Quotidiano Giuridico”), resa a seguito di reclamo ex art. 624, comma 2, c.p.c., il Tribunale di Caltanissetta, in composizione collegiale, ha stabilito che la mancata attestazione di conformità delle copie degli atti menzionati all’art. 543, comma 4, secondo periodo, c.p.c. non rende il pignoramento inefficace.

L’art. 543 c.p.c., comma 4, prevede tra l’altro: “Il creditore deve depositare nella cancelleria del tribunale competente per l’esecuzione la nota di iscrizione a ruolo, con copie conformi dell’atto di citazione, del titolo esecutivo e del precetto, entro trenta giorni dalla consegna” (secondo periodo); “La conformità di tali copie è attestata dall’avvocato del creditore ai soli fini del presente articolo” (terzo periodo); “Il pignoramento perde efficacia quando la nota di iscrizione a ruolo e le copie degli atti di cui al secondo periodo sono depositate oltre il termine di trenta giorni dalla consegna al creditore” (quinto e ultimo periodo).

Nel caso esaminato dal Tribunale di Caltanissetta, la società debitrice aveva eccepito l’inefficacia del pignoramento presso terzi notificatole in quanto l’avvocato del creditore, nell’iscrivere a ruolo la procedura espropriativa, non aveva attestato la conformità delle copie dell’atto di pignoramento, del precetto e del titolo esecutivo ai rispetti originali cartacei.

Il Collegio ha innanzitutto registrato la presenza sul punto di due orientamenti giurisprudenziali contrastanti: secondo un orientamento, il richiamo da parte dell’ultimo periodo dell’art. 543, comma 4, c.p.c. al secondo periodo del medesimo comma, va interpretato nel senso che dev’essere dichiarata l’inefficacia del pignoramento soltanto in caso di omesso tempestivo deposito delle copie, e non anche di deposito di copie prive dell’attestazione di conformità (cfr., a esempio, Tribunale Bari, ordinanza 4.5.2016Tribunale Pesaro, sentenza 42/2016); secondo altro orientamento, il pignoramento è inefficace anche in caso di mancanza delle sole attestazioni di conformità, perché il secondo periodo fa riferimento a copie “conformi” e, dunque, munite di attestazione di conformità da parte dell’avvocato (cfr. Tribunale Pesaro, ordinanza 10.6.2015).

Il Tribunale di Caltanissetta, nell’aderire al primo orientamento, ha sottolineato che l’inefficacia del pignoramento può essere pronunciata soltanto nelle ipotesi tassativamente previste dalla legge e che, in ogni caso, una tale sanzione “a fronte di un accertamento di un vizio meramente formale dell’atto depositato al momento dell’iscrizione a ruolo appare conseguenza eccessivamente rigorosa nelle ipotesi in cui non via sia una effettiva contestazione della conformità agli originali da parte del debitore“.

Per il Tribunale, dunque, dichiarare l’inefficacia di un pignoramento (e la conseguente estinzione dell’espropriazione) per la carenza di una formalità “che non pregiudica alcun interesse del debitore“, sarebbe contrario ai principi di economia processuale e di realizzazione degli interessi sostanziali sottesi al processo esecutivo, soprattutto laddove il debitore non abbia svolto contestazioni in ordine all’effettiva conformità delle copie agli originali e il creditore abbia poi depositato gli originali stessi.

A supporto di tale argomentazione il Collegio ha richiamato l’art. 22, comma 3, del d.lgs. 82/2005 (“CAD”), per il quale “Le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle regole tecniche di cui all’articolo 71 hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta“.

L’inefficacia del pignoramento può allora essere dichiarata soltanto laddove sia accertata la mancata tempestiva iscrizione al ruolo e il contestuale omesso deposito delle copie dell’atto di pignoramento, del precetto e del titolo esecutivo, “senza che alcuna conseguenza possa derivare dalla mera assenza della attestazione di conformità dei detti atti agli originali“.

L’omessa attestazione di conformità delle copie costituisce una mera irregolarità, sanabile col “successivo deposito degli atti in originale, soprattutto in assenza di formale contestazione sulla effettiva conformità da parte del debitore“.

Mette conto segnalare in questa sede come – in ambito di processo tributario e, in particolare, in tema di attestazione di conformità dell’atto di impugnazione da parte dell’appellante – la Corte di cassazione, Sezione tributaria (cfr., fra le altre, la sentenza 6780/2009), abbia assunto un orientamento sovrapponibile a quello espresso dal Tribunale di Caltanissetta: “è causa d’inammissibilità dell’appello notificato per posta o per consegna diretta, non la mancanza di attestazione da parte dell’appellante della conformità dell’atto d’impugnazione notificato rispetto all’atto di notificazione depositato presso la segreteria della CTR, ma l’effettiva difformità, che è onere dell’appellato di eccepire e che si presuppone verificata sia quando l’appellato si sia costituito in giudizio e non abbia sollevato alcuna eccezione al riguardo sia quando l’appellato non si sia costituito ed abbia, perciò, rinunciato a sollevare tale eccezione”.

L’ordinanza del Tribunale di Caltanissetta va accolta con indubbio favore, anche per il suo approccio “sostanzialista”; nondimeno, non è inutile raccomandare il rispetto dell’art. 543, comma 4, secondo periodo, c.p.c. in quanto, come ricordato dal Collegio, la giurisprudenza in tema non è univoca e, comunque, la mancata attestazione di conformità costituisce pur sempre un’irregolarità.

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