La raccomandata online è inammissibile!
Corte di Cassazione, sezione III, n. 7337 del 17/2/2014.
Secondo la sentenza in commento, la raccomandata online non rientra tra le modalità ammesse dall’art. 583 c.p.p. per la spedizione dell’atto di appello, che di conseguenza deve ritenersi in tal caso inammissibile. Gli ermellini sostengono che, nonostante la norma sia stata “formalmente rispettata”, l’utilizzo di tale strumento non garantirebbe un grado di certezza sulla paternità dell’atto paragonabile alla raccomandata ordinaria, ove la sottoscrizione è presente in originale.
Per corroborare tali conclusioni, la Suprema Corte pone l’accento sull’estrema facilità attraverso cui potrebbe avvenire la falsificazione con strumenti informatici, facendo l’esempio dell’apposizione dell’ “immagine di una firma ottenuta mediante scansione di un originale” (Corte di Cassazione, sezione III, n. 7337 del 17/2/2014). Il pericolo di falsificazione, inoltre, non sarebbe escluso nemmeno dall’obbligo di registrazione al sito Poste Italiane; nonostante a tal fine sia necessario indicare i propri dati anagrafici ed il codice fiscale, ciò non fornirebbe garanzie paragonabili alla raccomandata ordinaria spedita in originale, giacché la raccomandata online “consente di risalire soltanto al nominativo indicato per l’accesso al servizio, senza alcuna certezza che questo coincida con chi ha effettivamente provveduto alla spedizione (essendo sufficiente, una volta registrati, inserire il nome e la password assegnata) né, tanto meno, sulla provenienza ed originalità del documento” (Corte di Cassazione, sezione III, n. 7337 del 17/2/2014).
A ben vedere tali conclusioni sono alquanto discutibili, forse più il frutto della dilagante diffidenza rispetto all’utilizzo dell’informatica in sede giudiziale, a sua volta causata dalla c.d. “digital illiteracy”. Infatti, le certezze pretese dalla Suprema Corte non sussistono nemmeno con la raccomandata ordinaria, ove si consideri che l’atto viene generalmente spedito dalla segretaria e che l’ultima pagina potrebbe (ipoteticamente) essere stampata su un foglio firmato in bianco, ad uso del collega di studio che materialmente predispone l’appello. Le medesime considerazioni valgono anche per il telegramma, secondo mezzo di impugnazione previsto dall’art. 583 c.p.p.: il relativo modulo predisposto da Poste Italiane SPA può essere presentato (già sottoscritto e precompilato) presso l’ufficio postale da un qualsiasi incaricato di studio, senza che il personale addetto si preoccupi di svolgere alcun accertamento sulla paternità del relativo contenuto.
In definitiva, le modalità di spedizione dell’atto non hanno mai fornito garanzia in ordine alla sua paternità, né tantomeno sull’identità del soggetto che si reca in posta per l’esecuzione materiale dei relativi adempimenti. Se invece si considera solo il falso c.d. “non autorizzato”, forse il servizio di spedizione a mezzo raccomandata online risulta più garantista di quello ordinario, giacché il pagamento può avvenire solo con moneta elettronica, i cui codici dispositivi sono sempre rilasciati previa identificazione personale del titolare.