Con ordinanza 6518/2017 la Corte di Cassazione, Sezione VI civile, è ancora intervenuta sulle notifiche dell’avvocato in proprio a mezzo PEC, ex art. 3-bis L. 53/1994.

La controricorrente aveva eccepito l’inammissibilità del ricorso per cassazione, sostenendo che la notifica del medesimo – eseguita tramite PEC dal difensore del ricorrente – fosse nulla per mancata sottoscrizione digitale della relata (ricorso e procura risultavano viceversa firmati).

Il Giudice di legittimità ha respinto l’eccezione, rilevando come la relata fosse diretta «inequivocabilmente dalla casella PEC dell’avvocato del ricorrente a quella del difensore avversario, senza che [la mancata sottoscrizione della relata] abbia limitato i diritti difensivi della parte ricevente».

Richiamando una propria sentenza (la 10272/2015, della Sezione III civile), la Cassazione ha spiegato che «il difetto della firma non è causa di inesistenza dell’atto», poiché la firma è surrogabile «attraverso altri elementi capaci di far individuare l’esecutore dell’atto».

In quel precedente, relativo a una notifica in proprio dell’avvocato ex art. 4 L. 53/1994 (con relata non sottoscritta), la Suprema Corte aveva in effetti affermato che «la sottoscrizione del notificante è volta ad individuare senza incertezze l’identità di quest’ultimo e l’attribuzione a lui delle operazioni di notificazione, onde attestare la sussistenza in capo allo stesso dei requisiti soggettivi indispensabili»; ma aveva anche rilevato come, in quel caso, non vi fossero dubbi sull’identificazione dell’avvocato notificante: la relata era apposta all’atto di appello sottoscritto dallo stesso avvocato notificante e conteneva il richiamo al numero di registro cronologico e all’autorizzazione del Consiglio dell’Ordine competente; inoltre, l’atto d’appello conteneva la vidimazione per la notificazione diretta, ai sensi dell’art. 4 L. 53/1994, da parte del Consiglio dell’Ordine.

Nel caso della notifica PEC, la Cassazione ha ritenuto che la mancata sottoscrizione digitale della relata non lasciasse alcun dubbio sulla riconducibilità della stessa alla persona dell’avvocato del ricorrente, «attraverso la sua indicazione e l’accostamento di quel nominativo alla persona munita ritualmente della procura speciale».

Richiamando un altro importante precedente (Sezioni Unite, sentenza 7665/2016, di cui si è già detto in un precedente articolo), ha ricordato che, in ogni caso, «l’irritualità della notificazione di un atto […] a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna telematica […] ha comunque prodotto il risultato della conoscenza dell’atto e determinato così il raggiungimento dello scopo legale».

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