La norma è stata abrogata dall’art. 66-bis, comma 12, D.L. 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla L. 29 luglio 2021, n. 108.

L’art. 83, comma 20 ter [1] del decreto legge 17 marzo 2020, n. 18, come convertito con modificazioni dalla legge 24 aprile 2020, n. 27 (in vigore dal 30 aprile 2020) ha introdotto alcune novità in tema di procura.
Considerata la ratio della norma, volta a dar la possibilità al cittadino di esercitare in giudizio i propri diritti, parrebbe un’operazione fine a se stessa quella di soffermarsi sugli aspetti formalmente poco convincenti di questa figura ibrida. Appare preferibile quindi concentrarsi sugli aspetti pratici e sulle soluzioni volte a superare pretestuose eccezioni.
Innanzitutto è bene chiarire che la disposizione avrà effetto fino al cessare le misure di distanziamento, quindi per un tempo limitato, come tutti ci auguriamo.
Inoltre la norma si applica solo ai procedimenti civili.

In estrema sintesi la novità sta nel fatto che l’avvocato può certificare la firma di pugno del mandante non in presenza di quest’ultimo.

Vediamo in pratica come fare….

L’avvocato predispone il testo della procura e invia il relativo file per email o messaggio istantaneo (Telegram, Signal, Whatsapp o altro) al cliente.
Quest’ultimo stampa il file ricevuto e lo sottoscrive di pugno.
A questo punto le possibilità sono due. In entrambe comunque, prima di autenticare la firma del mandante, l’avvocato deve verificare che il documento d’identità ricevuto non sia scaduto e corrisponda al sottoscrittore del mandato.

Prima possibilità.

Il cliente spedisce per posta all’avvocato la procura sottoscritta di pugno unitamente al proprio documento d’identità: “la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, …, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, …”.
L’avvocato certifica di pugno la sottoscrizione del mandante accertando l’identità non de visu, ma, in forza della nuova disposizione, mediante la copia della carta d’identità che ha ricevuto dal mandante in allegato alla procura.
A questo punto l’avvocato procede come previsto dalla seconda parte del 3° comma dall’art. 83 c.p.c.
Se l’avvocato intende depositare telematicamente o notificare per PEC la procura, la scansiona e firma digitalmente il file così creato per autenticare la conformità di tale copia digitale all’originale cartaceo della procura ricevuta
Se invece l’avvocato intende depositare la procura fisicamente o notificare mediante ufficiale giudiziario o per posta ai sensi della L. 53/1994, la allega all’atto.

Seconda possibilità.

Il mandante spedisce all’avvocato la procura: “…, …in copia informatica per immagine, …, …a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica”.
In parole più semplici, il mandante fotografa o scansiona il documento cartaceo firmato di pugno e quindi invia il file così creato all’avvocato per email o messaggio istantaneo, unitamente a copia del proprio documento di identità in corso di validità.
Se l’avvocato intende depositare telematicamente o notificare via PEC il file ricevuto deve verificare che lo stesso sia in uno dei formati formati consentiti dall’art. 13 Provvedimento 16 aprile 2014 del Responsabile per i sistemi informativi automatizzati del Ministero della Giustizia [2] le ovverosia le specifiche tecniche, altrimenti deve convertirlo in uno di questi.
A questo punto l’avvocato firma digitalmente il file per certificare l’autografia della sottoscrizione apposta di pugno dal cliente.
La firma digitale dell’avvocato è quindi apposta sul file per uno scopo diverso rispetto a quello previsto dall’art. 83, 3° comma c.p.c. [3], dove la sottoscrizione digitale – anche in questo caso senza necessità di formule di stile – è apposta per attestare che il file creato mediante scansione è conforme al documento cartaceo originale (il mandato sottoscritto di pugno dal cliente, la cui firma è certificata dall’avvocato sempre mediante sottoscrizione di pugno).
In entrambi i casi quindi l’avvocato sottoscrive digitalmente la copia digitale del documento originale cartaceo.
Ma, come detto, nel primo (procura COVID) la firma digitale certifica l’autografia di pugno del mandante, nel secondo (art. 83, 3° comma c.p.c.) attesta la conformità della copia digitale scansionata rispetto all’originale cartaceo.
Perché il legislatore non ha previsto che la sottoscrizione digitale dell’avvocato ha la doppia funzione di certificare la firma del mandante e di attestare la conformità del file digitale non è chiaro. Probabilmente perché l’avvocato non si trova in possesso del documento cartaceo originale e non lo ha trasformato, scansionandolo o fotografandolo, in un file digitale e quindi non può attestare, autenticandola, che la copia (digitale) corrisponde all’originale (cartaceo).
La possibilità in esame pare finalizzata all’utilizzo della procura solo per depositi telematici o notifiche PEC, dato che la certificazione della firma può essere effettuata solo con sottoscrizione digitale e non di pugno.
La procura COVID sembra infatti utilizzabile per notificare un atto mediante ufficiale giudiziario o per posta ai sensi della L. 53/1994, perché da una parte un documento digitale non può ovviamente essere notificato analogicamente e dall’altra perchè in questo caso non è consentito all’avvocato attestare la conformità del documento cartaceo generato dalla stampa della procura sottoscritta digitalmente. E ciò in considerazione della scelta del legislatore di rendere tassativi i casi in cui l’avvocato può attestare la conformità di una copia di analogica rispetto a una copia digitale, come risulta dalla lettura combinata degli articoli 16 bis, comma 9 bis, 16 decies e 16 undecies del DL 17/92012.
Se quindi si intende notificare in modo analogico o depositare fisicamente è consigliabile utilizzare la prima soluzione.

Considerazioni salvifiche.

Detto ciò da un punto di vista pratico, è opportuno svolgere alcune considerazioni sostanzialistiche.
È bene in primis ricordare che la mancata certificazione da parte del difensore dell’autografia della firma del mandante costituisce mera irregolarità, che non comporta la nullità della procura ad litem, perché tale nullità non è comminata dalla legge, né detta formalità incide sui requisiti indispensabili per il raggiungimento dello scopo dell’atto, individuabile nella formazione del rapporto processuale attraverso la costituzione in giudizio del procuratore nominato (Cass. 34748/2019).
Non pare quindi un problema se l’avvocato notificasse mediante ufficiale giudiziario o per posta la procura senza certificare la firma del cliente, e questo sia perché l’allegazione della procura all’atto attesterebbe la sussistenza del mandato ad litem al momento dell’instaurazione del giudizio, sia perché “le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è espressamente disconosciuta.” (art. 23, 2° comma CAD).
Infine non si deve dimenticare che la modifica dell’art. 182 c.p.c. apportata dall’art. 46, 2° co., L. 18.6.2009, n. 69, ha reso ampiamente sanabili i difetti di rappresentanza tecnica del difensore in giudizio. Pertanto a fronte di una cavillosa eccezione di difetto di procura l’avvocato avrà il facile compito di dimostrare che era munito di procura prima dell’instaurazione del giudizio o della costituzione.

La procura un’inutile formalità.

Detto quanto necessario per rasserenare gli animi in merito all’utilizzo della procura secondo questa nuova modalità, vorrei fare una mia personale conclusione. Il legislatore invece di trovare questa soluzione estemporanea, avrebbe dimostrato più coraggio e maggiore capacità innovativa se avesse abolito l’inutile istituto della procura, che – è bene ricordare – non esiste in molti paesi europei, dove evidentemente la figura dell’avvocato è vista con il rispetto dovuto alla sua funzione.


Note

[1] Fino alla cessazione delle misure di distanziamento previste dalla legislazione emergenziale in materia di prevenzione del contagio da COVID-19, nei procedimenti civili la sottoscrizione della procura alle liti può essere apposta dalla parte anche su un documento analogico trasmesso al difensore, anche in copia informatica per immagine, unitamente a copia di un documento di identità in corso di validità, anche a mezzo di strumenti di comunicazione elettronica. In tal caso, l’avvocato certifica l’autografia mediante la sola apposizione della propria firma digitale sulla copia informatica della procura. La procura si considera apposta in calce, ai sensi dell’articolo 83 del codice di procedura civile, se è congiunta all’atto cui si riferisce mediante gli strumenti informatici individuati con decreto del Ministero della giustizia. torna al punto di lettura

[2] 1. I documenti informatici allegati sono privi di elementi attivi, tra cui macro e campi variabili, e sono consentiti nei seguenti formati: .pdf, .rtf, .txt, .jpg, .gif, .tiff, .xml, .eml, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti, .msg, purché contenenti file nei formati di cui alle lettere precedenti…. torna al punto di lettura

[3] Se la procura alle liti è stata conferita su supporto cartaceo, il difensore che si costituisce attraverso strumenti telematici ne trasmette la copia informatica autenticata con firma digitale, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici e trasmessi in via telematica. torna al punto di lettura

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