pct2Con ordinanza del 10 maggio 2016, pubblicata sul sito de “Il Quotidiano Giuridico“, il Tribunale di Milano, Sezione lavoro, ha accolto l’istanza di rimessione in termini proposta dalla parte resistente, il cui deposito telematico della memoria difensiva era stato rifiutato dalla cancelleria, a causa di un errore fatale, oltre il giorno successivo alla spedizione della busta.

A fondamento dell’istanza, la resistente aveva segnalato di aver spedito la memoria difensiva in via telematica il 28 aprile 2016, entro il termine fissato dall’art. 416, comma 1, c.p.c. per la costituzione in giudizio (scadente il 29 aprile): la ricevuta di accettazione e quella di avvenuta consegna erano giunte pressoché contestualmente alle ore 16:09 del 28 aprile; il messaggio PEC relativo all’esito dei controlli automatici del deposito era giunto sempre il 28 aprile, alle 16:45; quest’ultimo messaggio, peraltro, segnalava la presenza di un “errore imprevisto” e la necessità di ulteriori “verifiche da parte dell’ufficio ricevente“; la cancelleria rifiutava il deposito solo il 9 maggio, 11 giorni dopo la spedizione dell’atto.

Al proposito è opportuno ricordare che, a seguito della spedizione telematica dell’atto processuale, l’avvocato-mittente riceve quattro messaggi PEC, qui di seguito elencati in ordine cronologico:

  1. la ricevuta di accettazione (presa in carico) del messaggio contenente la busta telematica, da parte del proprio gestore PEC;
  2. la ricevuta di avvenuta consegna, da parte del gestore PEC del Ministero della giustizia;
  3. il messaggio contenente l’esito dei controlli automatici (formali) sulla busta, proveniente dall’indirizzo PEC dell’ufficio giudiziario destinatario del deposito;
  4. il messaggio contenente l’esito dell’intervento (accettazione o rifiuto) operato dalla cancelleria, sempre proveniente dall’indirizzo PEC dell’ufficio giudiziario destinatario (cfr. art. 13 D.M. 44/2011 “Regole tecniche” e art. 14 “Specifiche tecniche“).

Per l’art. 16-bis, comma 7, del D.L. 179/2012, la generazione della ricevuta di avvenuta consegna determina il tempo del deposito: quest’ultimo è tempestivamente eseguito solo in caso di generazione della ricevuta entro la fine del giorno di scadenza (e sempre che il deposito sia poi accettato dalla cancelleria).

Una volta eseguiti i controlli automatici da parte del gestore dei servizi telematici, alla cancelleria spetta un ruolo fondamentale: l’accettazione (o, eventualmente, il rifiuto) del deposito.

Ciò è espressamente riconosciuto nella circolare 23 ottobre 2015 del Ministero della giustizia (“Adempimenti di cancelleria relativi al Processo Civile Telematico“): al paragrafo 5 è ricordato che l’urgenza di una tempestiva accettazione degli atti e documenti “è massima, poiché solo con l’accettazione del deposito da parte del cancelliere l’atto entra nel fascicolo processuale e diviene visibile dalla controparte e dal giudice“; è escluso quindi “che possano trascorrere diversi giorni tra la data della ricezione di atti o documenti e quella di accettazione degli stessi da parte della cancelleria“; è consigliato che l’accettazione del deposito “sia eseguita entro il giorno successivo a quello di ricezione da parte dei sistemi del dominio giustizia“.

Quanto ai controlli automatici sulla busta telematica (il cui esito, come visto, è comunicato al difensore con il terzo messaggio PEC), le possibili anomalie riscontrabili sono di tre tipi: “WARN” (“WARNING”), “ERROR” o “FATAL”.

Richiamando l’art. 14, comma 7, delle Specifiche tecniche, si può dire che le anomalie di tipo “WARN” non sono bloccanti, trattandosi in sostanza di segnalazioni di carattere giuridico, come a esempio la mancanza nella busta della procura alle liti; quelle di tipo “ERROR” sono bloccanti ma forzabili, e la relativa determinazione è lasciata alla cancelleria che può intervenire, appunto, forzando l’accettazione del deposito o rifiutandolo (esempi sono “certificato di firma non valido” e “mittente non firmatario dell’atto“); viceversa, le eccezioni di tipo “FATAL” non sono gestibili dalla cancelleria (esempi: “impossibile decifrare la busta depositata“; “elementi della busta mancanti ma fondamentali per l’elaborazione“).

Peraltro, il paragrafo 7 della circolare 23 ottobre 2015 è chiara nello stabilire che “Le cancellerie, in presenza di anomalie del tipo WARN o ERROR, dovranno dunque, ove possibile, accettare il deposito, avendo tuttavia cura di segnalare al giudice ogni informazione utile in ordine all’anomalia riscontrata“.

Ebbene, con l’ordinanza del 10 maggio 2016 il Tribunale di Milano ha rilevato che il gestore dei servizi telematici, effettuati i controlli formali, aveva segnalato al difensore, mediante il terzo messaggio PEC, la presenza di un “errore imprevisto” e la necessità di ulteriori verifiche da parte della cancelleria; inoltre, che l’avviso di avvenuta consegna e il messaggio PEC relativo ai controlli automatici erano giunti il 28 aprile, il giorno precedente a quello di scadenza dell’atto.

Il Tribunale ha anche rilevato la genericità del contenuto del terzo messaggio PEC, che non aveva consentito al difensore di apprendere “la natura dell’errore riscontrato dal gestore“: tanto più che la cancelleria non aveva rifiutato il deposito entro il giorno successivo (29 aprile), come consigliato dal Ministero della giustizia con la circolare 23 ottobre 2015 (paragrafo 7), ma soltanto il successivo 9 maggio.

Non può dunque “ritenersi esigibile che il legale, avendo ricevuto l’avviso di avvenuta consegna del messaggio PEC in epoca idonea a considerare il deposito tempestivamente eseguito (ex art. 16 bis, co. 7 D.L. 179/2012), in difetto di esplicita segnalazione di errore fatale, implicante in quanto tale l’impossibilità del rifiuto dell’accettazione da parte di cancelleria, ed altresì di esplicito rifiuto dell’accettazione, provveda a nuovo deposito nel termine perentorio normativamente previsto, e non si attivi piuttosto per ottenere informazioni sull’errore e sull’esito del deposito, confidando pertanto nell’accettazione del deposito da parte della cancelleria“.

Sono evidenti i presupposti che hanno portato il Tribunale di Milano ad accogliere l’istanza di rimessione in termini:

  1. innanzitutto la tempestività della ricevuta di avvenuta consegna, generata il giorno precedente a quello di scadenza dell’atto;
  2. la genericità del messaggio PEC contenente l’esito dei controlli automatici, che non aveva consentito all’avvocato di apprendere la natura “FATAL” dell’anomalia del deposito;
  3. la condotta diligente (o non “rimproverabile”) dell’avvocato, che aveva legittimamente confidato, atteso il contenuto del terzo messaggio PEC, su una determinazione positiva da parte della cancelleria;
  4. il rifiuto della cancelleria avvenuto non il giorno successivo alla spedizione dell’atto (come consigliato dalla circolare ministeriale 23 ottobre 2015), ma ben 11 giorni dopo.

La parte resistente non era dunque incorsa in alcuna decadenza per causa a essa imputabile (art. 153, comma 2, c.p.c.), perché “nel segnalare l’errore il gestore ha informato il mittente circa la necessità di ‘verifiche da parte dell’ufficio ricevente’, con ciò giustificando l’aspettativa circa l’accettazione del deposito; verifiche che tuttavia risultano essere intervenute in epoca successiva alla scadenza del termine perentorio, e che a fronte della presenza di un errore fatale connesso alle caratteristiche di uno dei documenti inseriti nella busta telematica allegata al messaggio PEC, hanno comportato il rifiuto dell’accettazione solamente in data 9.5.2016“.

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