Le Sezioni Unite “consolidano” il prevalente orientamento sostanzialista sui vizi formali degli atti telematici
La sentenza n. 7665 del 23 febbraio / 18 aprile 2016, della Corte di Cassazione a Sezioni Unite, in forza del principio stabilito dall’art. 156 c.p.c., statuisce che non può essere dichiarata la nullità della notificazione, malgrado l’irritualità della stessa, se l’atto è venuto a conoscenza del destinatario.
La Suprema Corte ha avuto modo di affrontare la questione in relazione all’eccezione sollevata dal ricorrente a cui era stato notificato via PEC il controricorso in formato .DOC, anziché nel formato .PDF previsto dall’art. 12 delle specifiche tecniche.
Il ricorrente si era limitato a eccepire la non conformità del formato dell’atto, ma non si era doluto di non aver potuto conoscere il contenuto dello stesso, né aveva contestato la non corrispondenza tra l’atto notificatogli e quello depositato. Secondo la Corte l’eccezione era dunque irrilevante, dato che l’irregolarità non aveva impedito al ricorrente di svolgere le sue difese.
Tale autorevole interpretazione consolida l’ormai prevalente orientamento sostanzialista della giurisprudenza di merito, che qualifica come mera irregolarità il mancato rispetto delle forme previste dalle regole del processo telematico, sempreché tali irregolarità non arrechino effettivo pregiudizio al diritto di difesa. Peraltro la Corte evidenzia che, non trovando tutela l’interesse all’astratta regolarità del processo, la denuncia di vizi fondati sulla violazione di norme di rito ha rilievo solo in ragione del pregiudizio al diritto di difesa che la denunciata violazione può arrecare.
Avevamo recentemente commentato la sentenza n. 1432/2016 del Tribunale di Milano Sez. IX civ. che pure si era richiamata al principio dell’art. 156 c.c. per rilevare che l’atto processuale raggiunge il suo scopo se viene a conoscenza del giudice e della controparte, così garantendo da una parte il corretto svolgimento del processo e dall’altra il diritto di difesa. Detta decisione aveva inoltre statuito che la difformità di formato dell’atto del processo (in quel caso si trattava di un atto in PDF immagine, anziche.PDF testuale, come previsto dalle specifiche tecniche) costituiva mera irregolarità, per la mancanza di una sanzione processuale in caso di inosservanza di detta regola.
Si riporta l’estratto della sentenza che riguarda la questione in parola.
“1. I ricorrenti, nella memoria difensiva, eccepiscono preliminarmente la nullità dei controricorso erariale per vizi formali della sua notificazione effettuata con PEC, in ragione della asserita violazione delle regole dettate dall’articolo 3-bis, co. 4) – 5), della legge n. 53 dei 1994 e dall’articolo 19-bis del provvedimento ministeriale del 16 aprile 2014.
L’eccezione non è fondata. Opera, infatti, nella fattispecie l’insegnamento, condiviso e consolidato nella giurisprudenza di questa Corte, secondo cui «il principio, sancito in via generale dall’articolo 156 del codice di rito, secondo cui la nullità non può essere mai pronunciata se l’atto ha raggiunto lo scopo a cui è destinato, vale anche per le notificazioni, anche in relazione alle quali – pertanto – la nullità non può essere dichiarata tutte le volte che l’atto, malgrado l’irritualità della notificazione, sia venuto a conoscenza del destinatario» (Cass., sez. lav., n. 13857 del 2014; conf., sez. trib., n. 1184 del 2001 e n. 1548 del 2002). II risultato dell’effettiva conoscenza dell’atto che consegue alla consegna telematica dello stesso nel luogo virtuale, ovverosia l’indirizzo di PEC espressamente a tale fine indicato dalla parte nell’atto introduttivo del giudizio di legittimità, determina infatti il raggiungimento dello stesso scopo perseguita dalla previsione legale del ricorso alla PEC. Nella specie i ricorrenti non adducono né alcuno specifico pregiudizio al loro diritto di difesa, né l’eventuale difformità tra il testo recapitato telematicamente, sia pure con estensione .doc in luogo dei formato.pdf, e quello cartaceo depositato in cancelleria. La denuncia di vizi fondati sulla pretesa violazione di norme di rito non tutela l’interesse all’astratta regolarità dei processo, ma garantisce solo l’eliminazione dei pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione (Cass., sez. trib., n. 26831 del 2014). Ne consegue che è inammissibile l’eccezione con la quale si lamenti un mero vizio procedimentale, senza prospettare anche le ragioni per le quali l’erronea applicazione della regola processuale abbia comportato, per la parte, una lesione del diritto di difesa o possa comportare altro pregiudizio per la decisione finale della Corte.”